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Il Prete e il Deportato Adriano, gia’ stanco appena svegliato, sentiva l’odore del male Il volto tirato mentre nell’alcool s’illudeva di far guarire Un corpo ammorbato da un passato per miracolo o per disdetta finito Per la pieta’ di una bomba che la chiave della cella gli aveva ragalato Ma Don Gianni conosceva Adriano, sapeva bene di quel pianto, della sua rabbia, del suo dolore, di quel volto triste sempre piu’ stanco E talvolta quel prete cercava di risvegliare dal caldo di un bicchiere di vino aiutato In lui un poco di quella sete di vita Che il lager gli aveva soffocato Cercava di fuggire quell’urlo tagliente quei pigiama in fila, le fila di occhi spalancati sul niente Ma dov’era, come mai non l’ho trovato Questo Dio che la vita m’avrebbe donato Dov’e’ adesso e cosa fa, prete, il tuo Dio, nel corpo che ha salvato non c’ero io E un giorno Adriano prese quel prete, con forza e con rabbia lo strinse ad un braccio Senza parlare lo trascino’ via, via dal calore della Chiesa, in un abbraccio Non piu’ di amicizia ma pieno di odio e di disperazione sorda e cattiva Ed arrivarono a quella porta dove la morte di mille bimbi era viva Di fronte a quello scempio l’odio divento’ parola Adriano urlo’ al prete con l’ultimo fiato in gola Ma dov’era, come mai non l’ho trovato Questo Dio che la vita m’avrebbe donato Dov’e’ adesso e cosa fa, prete, il tuo Dio, nel corpo che ha salvato non c’ero io Ma appena riusci’ a liberarsi ed a parlare ancora Don Gianni disse ad Adriano con poco fiato in gola: Come puoi non aver visto, non aver notato? Ecco il Dio di cui ti parlo, di cui ti ho parlato In croce qui davanti a te, morto innocente Altare eterno di chi non ha niente Nel sonno della Ragione non e' morto Dio Nell'Uomo che e' Risorto ora credo anch'io
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