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Dal libro del profeta Amos Nel
testo tutti i sensi sono coinvolti: vista, tatto, gusto, udito, e olfatto, in
una sagra del lusso che culmina nelle "primizie dei profumi". Alcuni
paralleli con l’oggi sono sorprendenti: un'epoca di prosperità e benessere;
il lusso sfrenato che induce all'indifferenza; forti disuguaglianze; la
corruzione e l'arroganza degli arricchiti. Rileggendo
le parole di Amos mi chiedo quanto le parole che risuonano nelle chiese
rischiano di essere superficiali, non in linea con lo stile del profeta che
parte da una conoscenza accurata dei fatti, da un discernimento profondo sulla
situazione, e arriva a formulare una denuncia precisa. Il suo
linguaggio è lucido, potente, efficace. Viene
da chiedersi se la Chiesa di oggi, (se noi di chiesa) non sia forse troppo poco
profetica. …se
vuol essere fedele alla sua missione, potrà (potremo) piacere a tutti? + Dal
Vangelo secondo Luca Chissà quante volte in ciascuno di noi, nel guardandosi attorno, è aumentato il senso di fatalismo riconoscendo che non c’è cambiamento, non c’è storia: le cose stanno così e basta, c’è poco da fare… Anche nella prima parte della parabola manca un vero sviluppo narrativo. Il ricco resta ricco, Làzzaro resta povero, bramoso di sfamarsi delle briciole. Forse è proprio l'immobilità una delle cifre fondamentali del peccato riguardo alla ricchezza. Ci si rassegna al fatto che le situazioni restino bloccate, senza speranza per i poveri, senza possibilità di apertura per i ricchi. Il circolo vizioso del benessere impedisce di guardare a Dio e di guardare ai fratelli (in fondo il ricco non ha trattato male Lazzaro …”semplicemente” non l’ha visto) un circolo vizioso fatto di modi di pensare, di vedere e di circondarsi solo di “certa gente” impedisce di rendersi conto che non vedere le necessità e non intervenire per risolverle e questo è male.
Sembra una sana preoccupazione, la seconda richiesta del ricco, è per i propri fratelli ancora sulla terra: di fronte ad un segno straordinario, potranno cambiare vita. Ancora un rifiuto: bisogna accontentarsi dei segni poveri che si hanno. La parola della Scrittura, la testimonianza, sono i segni sufficienti per la conversione. Tutto il vangelo, “buona notizia” per la nostra vita ci avverte in realtà su cosa ci tiene irrimediabilmente lontani da Dio e può rovinare definitivamente la nostra vita: la nostra irrimediabile lontananza da chi ha bisogno. Ci sono fratelli in difficoltà lontano da noi, ingiustizie enormi che gravano su tanta povera gente, ma c’è anche un enorme numero di fratelli “vicini” che vivono situazioni di concreta difficoltà …che tristezza accorgersi che spesso chi pretende di risolvere i problemi del mondo trova sempre il pretesto per non fare nulla di puntuale e concreto (che tocchi il suo tempo, i suoi programmi e il suo portafoglio) rispetto a chi vive vicino. Questa domenica ho dedicato spazio alla “dimensione sociale” della lettura dei testi, per compensare la sottolineatura “personale” di domenica scorsa… ma questi e altri aspetti sempre vanno coniugati insieme, la vita è sempre molto più grande delle nostre parziali letture. Per chi vuol approfondire sul “personale” suggerisco una riflessione sull’esilio. Infondo sia la prima lettura che parla dell’esilio come ultima destinazione degli “spensierati di Sion”, sia il vangelo che prospetta al ricco l’inferno, ci dicono che occupare il tempo nella ricerca delle ricchezze e comodità ed essere occupati dalle ricchezze e dalle comodità ha come esito una profonda alienazione da noi stessi. Quante volte guardiamo a chi ha e possiede con la percezione di un sospiro che sale da dentro “…se avessi anch’io…”; riscontriamo poi che critiche e giudizi verso tanti possidenti spesso nascondono più invidia che una scelta chiara a favore di una necessaria e opportuna sobrietà. Non possiamo sottrarci ancora a questa domanda: quali sono le cose che cerchiamo e che davvero contano per noi? L’esilio dalla propria terra, l’esilio dalla propria vita… l’insoddisfazione profonda sono incombenti su tutti e su ciascuno. La Parola oggi ci dice che l’unica terra che sarà sempre la nostra terra sarà quella che condivideremo con chi è necessitato, l’unica vita che ci apparterrà per sempre sarà la vita condivisa. |