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Vangelo secondo Luca (18,1-18) In quel tempo, Gesù
disse ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza
stancarsi: “C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva
riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da
lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo
egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di
nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non
venga continuamente a importunarmi”. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò
che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che
gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà
loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la
fede sulla terra?”.
Se provassimo ad
annotare nel Nuovo Testamento i versi in cui Gesù o altre persone stanno
pregando credo ci sorprenderemmo (ho contato solo negli scritti di Luca 66
citazioni!). Quando
noi diciamo “pregare” implicitamente ci riferiamo al modo di comunicare con
Dio, ma questa comunicazione è possibile in moltissimi modi, con la parola,
attraverso le bellissime formule alcune imparate fin da piccoli (compresa la
“preghiera per eccellenza” insegnataci da Gesù), con la mente nella
riflessione e meditazione, con il cuore nella contemplazione e
adorazione, con il corpo attraverso delle posizioni che aiutano a
rilassarci e ad abbandonarci nel coinvolgente amore di Dio, con le cose che
ci circondano espressione della natura e dell’arte che ci aprono alla lode
e alla trascendenza. Tutte queste forme
diverse in qualche modo le abbiamo sperimentate e sono meno complicate di quello
che potrebbe sembrare. Una
comunicazione quella con Dio quindi che è dialogo, alcune forme sottolineano più
il nostro esprimerci con Dio, altre privilegiano la dimensione dell’ascolto. Ma il
vangelo oggi non è un trattato sulle diverse modalità della preghiera, è
piuttosto un’esortazione a tenere aperto il canale di comunicazione è la
proposta di uno stile di vita, una vita che si relaziona costantemente con Dio e
che non indugia nel presentare a Lui tutta la realtà quotidiana, una vita che
sempre, senza stancarsi cerca una unione profonda con Dio. Parlare
con Dio delle nostre cose, parlare con Dio di ciò che più ci sta a cuore, di
ciò che davvero è importante. Il
vangelo qui non accenna a piagnistei capricciosi, parla di una vedova (quindi
una persona a quei tempi priva di possibilità e mezzi) che desidera le sia
fatta giustizia, …che
interessante parlare con Dio e chiedere insistentemente, senza stancarci che ci
sia fatta giustizia. Ma quale
sarà la mia giustizia che incessantemente Dio mi invita, mi stimola a chiedere? Questo
è un bel problema: la vedova aveva chiaro quello che voleva ed era cosa giusta,
ma noi? Noi
abbiamo chiaro ciò che è giusto per noi? Non ciò che solo “vorremmo”, ci
“piacerebbe”, “desidereremmo”, “ci converrebbe” in modo superficiale
o immediato, ma partendo da questa realtà scoprire ciò che davvero
vogliamo, ci piace, ci conviene, desideriamo in profondità, ciò che davvero
è necessario per la nostra vita. Non
capita forse così anche per le persone che amiamo? Proviamo
a vedere il tipo di richieste, di domande, di esigenze che avevamo all’inizio
del nostro rapporto e confrontiamolo a distanza di tempo: a distanza di anni (in
un rapporto autentico dove ancora si parla, si cerca, si entra veramente in
relazione) tutto è reso più essenziale, più vero. Immagino
sia questo un aspetto fondamentale dell’insistere, dell’aver costanza:
pregando e chiedendo a Dio mi sarà via via più chiaro ciò che davvero conta e
ciò per cui val la pena insistere affinché si faccia giustizia nella nostra
vita. Nel
pregare e nel chiedere con insistenza riesco a fare discernimento a capire in
prospettiva ciò che vivo, riesco a cogliere aspetti che ad un primo sguardo non
riuscivo a vedere ….e magari percepisco che a volte il mio pregare non ha
neppure bisogno di ciò che chiede… Perché
il dono più grande della preghiera è entrare un po’ alla volta in comunione
con Dio ed è questo il frutto che supera ogni attesa
Poco a
poco tutto ciò dona dignità profonda alla mia richiesta e al mio stesso
vivere. Questo
per quanto riguarda la mia giustizia …e secondo voi quanti sono “gli eletti
del Signore” (stando alla terminologia evangelica) che in tutto il mondo oggi
gridano per l’ingiustizia ricevuta? Pregare
per la nostra giustizia è necessariamente pregare perché ci sia giustizia in
ogni angolo della terra perché giustizia senta ogni uomo, anzi non verrà
esaudita la nostra preghiera se non è insieme giustizia per noi e per altri. Sarà
“prontamente giustizia” quella di Dio (ci ricorda il vangelo) quando la
nostra preghiera sarà al contempo disponibilità per essere noi stessi
operatori di giustizia. Dio
opera in noi giustizia perché possiamo essere dei “ veri giustizieri”. Il suo
desiderio di bene per i suoi figli passa anche per il nostro desiderio di bene
per i fratelli. E qui
entra il tema della fede, posto nel dubbio espresso da Gesù: "Ma il Figlio
dell'Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" “Perché
il Signore non ci esaudisce subito?” “Perché sembra a volte che non ci
ascolti?” “Perché tanto silenzio di Dio”, sembra infatti così assurdo
che Dio si comporti come se non sentisse! Nella
prospettiva del testo evangelico Gesù cambia radicalmente la prospettiva: il
problema non è tanto il silenzio di Dio quanto la fede di noi uomini! Avremo
fede in Gesù tanto da elevare così forte al cielo la voce della sofferenza da
trasformare la realtà attorno a noi? Sapremo
ancora scegliere i segni poveri e deboli usati da Dio, i segni della solidarietà,
del condividere, della compassione, per offrire giustizia a chi la chiede? Ci sarà
fede in Gesù, quella fede capace di vincere il male con il bene, di superare le
barriere tra culture con il dialogo senza imposizioni, di superare la cultura
dell’odio, della guerra come “via per la pace”, capace di esercitare il
potere affinché sia a servizio dei più necessitati? Fede
nella giustizia di Dio è fede nel suo amore salvatore riflesso nella croce di
Gesù. La
nostra fede, ci chiede di essere autentici operatori di giustizia, capaci di
fare giustizia con la misericordia. Misericordia
che non è silenzio, non è paura, non è pietismo, non è accettare “per amor
di pace” violenze, soprusi o ingiustizie, ma è il coraggio di alzare la testa
con dignità e riconoscersi non in balia di uomini ma nelle mani di Dio, il
coraggio di ricominciare sempre nella nostra vita sospinti dal suo Spirito, il
coraggio di fare nostro il grido di chi soffre, vicino o lontano. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà questa fede sulla
terra?. Mi viene
alla mente una preghiera di Davide, forse
per il potente anelito di conformità alla volontà di Dio… Oh se sperassimo tutti insieme Tutti la stessa speranza e intensamente ferocemente sperassimo, sperassimo con le
pietre e gli alberi e il grano sotto la neve e gridassimo con la carne e il sangue con gli occhi e le mani e il sangue; sperassimo con le viscere con tutta la mente e il cuore Lui solo sperassimo; oh se sperassimo tutti
insieme con tutte le cose, sperassimo Lui solamente desiderio dell’intera creazione; e sperassimo con tutti i disperati, con
tutti i carcerati come minatori quando escono dalle viscere
della terra, sperassimo con la forza cieca del morente
che non vuol morire, come l’innocente dopo il processo in
attesa della sentenza, oppure il condannato avanti il plotone
d’esecuzione sicuro che i fucili non spareranno; se sperassimo come l’amante che ha
l’amore lontano e
tutti insieme sperassimo, a un punto solo… David Maria Turoldo
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