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Con uno stile tipicamente biblico-narrativo Matteo presenta la figura e l'attività di Giovanni Battista nel deserto della Giudea. Per Matteo l'attività di Giovanni è completamente orientata e subordinata verso «colui che deve venire», la persona di Gesù. Inoltre Giovanni è presentato come il grande e coraggioso predicatore che ha preannunciato l'imminente giudizio di Dio.

 

Il messaggio del Battista consiste in un preciso imperativo, «convertitevi» e in un motivo altrettanto chiaro: «perché il regno dei cieli è vicino». La conversione acquista un grande risalto nella predicazione del Battista, per esprimere un nuovo orientamento da dare alla propria esistenza ognuno è invitato a portare dei frutti di conversione. Tale indicazione, per un verso, si colloca nella linea dei profeti che intendevano la concretezza della conversione nel distacco radicale da tutto ciò che finora aveva un valore; dall'altro, và oltre e intende mostrare che la conversione è un volgersi verso il «regno dei cieli», verso una novità che si presenta imminente con le sue esigenze e prospettive.

 

"Fate un frutto degno della conversione". Cioè, dare prova, mediante fatti concreti, di una reale conversione. Si tratta di mettere Dio al centro della vita. Si tratta di fare della sua parola la norma di tutti i nostri pensieri e azioni.

Questo significa convertirsi.

Ma perché?

 

E’ reale anche per noi il pericolo di dare più importanza a tutto l'apparato esterno della religione e del culto che non a ciò che Dio vuole e soprattutto all'accoglienza del prossimo, al servizio dei fratelli.

Anche noi possiamo spesso riconoscerci in quei farisei e sadducei contro i quali si è scagliato il Battista. Quante volte forse il nostro cristianesimo è frutto di certe abitudini ereditate e di una infarinatura di istruzione religiosa, più che segno di intima convinzione e di una scelta cosciente di Dio, …una fede che è adesione sociale e non scelta concreta di vita spesa per il bene

Quante volte si corre il pericolo di ridurre il cristianesimo alle tradizioni e alle pratiche esterne, senza un impegno ad attuare i Comandamenti di Dio, specie quello dell'accoglienza reciproca e dell’attenzione alla dignità di ogni uomo.


Ancora, convertirsi significa riconoscere Dio come Padre che ci ama con fedeltà e in modo personale e desidera vedere i suoi figli che condividono la sua stessa passione d'amore verso ogni creatura: "Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi".(2^lettura)

Convertirsi concretamente, nelle cose di ogni giorno, perché la  nostra possa essere una vita di impegno per la giustizia, per la pace, ricca di umanità e di misericordia

 

Convertirsi è accogliere Dio nella nostra vita

Accogliere Dio per vivere da essere umani, perché ciò che poniamo in atto nella nostra vita siano segni di umanità.

Soffermandoci in tali considerazioni ci viene il sospetto che Dio esige, è vero, di essere al centro della nostra vita ma non per espropriarci della nostra umanità, quanto piuttosto per restituirci il senso pieno del nostro vivere da uomini 

 

Per vivere da cristiani il mistero del Natale, il mistero dell’incarnazione, è necessario un cammino di conversione, non può che essere così:

1^ lettura …

Dio chiede un po’ di spazio per farci percepire la possibilità e la nostalgia di un mondo dove l’uomo accolga l’uomo da fratello e dove la pace sia una realtà che coinvolge tutto il creato.

 

C'è un' espressione del cardinale Newmann che può entrare in questa riflessione: «Qui in terra vivere è cambiare ed essere santi è aver cambiato spesso». Qualcuno si ricorderà un ritornello di una canzone di qualche anno fa:

“Come si cambia per non morire, come si cambia per ricominciare”.

 

Un avvento per ricominciare il difficile cammino di essere uomini in questa nostra terra, un avvento per ricominciare a sperare nella venuta del Suo regno, un avvento per riscoprire il coraggio di costruire giorno dopo giorno i presupposti di un mondo più giusto e fraterno.

 

Convertirsi, accogliere Dio, la sua Parola, per fare più spazio alla nostra umanità, per scoprire ciò che ancora di bene la nostra umanità porta in sé, ciò che a tuttora non abbiamo osato sperare.